Esiste un'antica arte giapponese, capace di raffigurare il miracolo del perdono.
Si chiama Kintsugi.
La leggenda che la circonda narra di un mandarino molto potente che rompe accidentalmente un vaso della sua preziosa collezione. Disperato, cerca un artigiano in grado di ricomporre il vaso com'era prima dell'incidente. Allora affida i cocci ad un vecchio artigiano del villaggio segnalato da conoscenti. Il quale però, anziché provare a nascondere le spaccature del vaso, a ricostruirlo com'era cancellandone le crepe, le mette in evidenza dipingendole d'oro.
Si racconta che altri mandarini, venuti a conoscenza della bellezza struggente di questo vaso, abbiano rotto apposta i propri, chiedendo all'artigiano che fossero ricomposti con lo stesso stile.
I punti di rottura sono stati dipinti d'oro; Le "Cicatrici" sono divenute "Poesie".
In questo senso l'esperienza del perdono è un'esperienza di resurrezione. Il perdono consente all'amore di ricominciare, come alla vita che si pensava morta di rinascere.
Questa tecnica giapponese viene spesso adoperata anche in psicoterapia. Consiste in una procedura di resilienza che si ispira al principio della riparazione e della valorizzazione delle cicatrici.
L'arte, detta "Kintsugi", significa letteralmente: "Riparare con l'oro". Quando i giapponesi riparano un oggetto rotto, ne valorizzano l'imperfezione riempiendo la crepa con dell'oro.
"L'imperfezione, come insegna John Ruskin, è in qualche modo essenziale per tutto ciò che sappiamo della vita. E' il segno della vita in un corpo mortale, vale a dire, di uno stato di progresso e cambiamento"
Il pezzo rotto piuttosto che essere gettato e rimpiazzato con uno nuovo, viene riparato e mantenuto con tutte le spaccature che si sono create nel corso del tempo. Lo stesso oggetto assumendo un aspetto nuovo, per via delle cicatrici che reca con sé, diviene così unico e prezioso.
E' quello che accade in natura quando un'ostrica produce una perla.
La perla è splendida e preziosa .............. ma nasce dal Dolore!
Nasce quando un'ostrica viene ferita, quando un corpo estraneo, un'impurità, un granello di sabbia, penetra al suo interno e la inabita. La conchiglia, come reazione, inizia a produrre una sostanza (la madreperla) con cui lo ricopre per proteggere il proprio corpo indifeso.
Alla fine si sarà formata una bellissima perla, lucente, pregiata e unica.
Se non viene ferita, l'ostrica non potrà mai produrre perle, perché la perla è il risultato di una ferita cicatrizzata.
Quante ferite ci portiamo dietro?
Quante sostanze impure ci inabitano?
Limiti, debolezze, peccati, incapacità, inadeguatezze, fragilità psico-fisiche....
Quante ferite nei nostri rapporti interpersonali?
Le questioni fondamentali per noi sono:
Cosa ne facciamo? Come le viviamo? Possiamo scegliere di valorizzare le nostre cicatrici e trasformarle in Perle capaci di contraddistinguere la nostra unicità.....
Oppure, scegliere di coltivare risentimenti verso gli altri per le stesse debolezze, e tormentare noi stessi con continui e devastanti sensi di colpa per ciò che non dovremmo essere e per ciò che non dovremmo provare.
L'idea che spesso ci portiamo dentro è che dovremmo essere in un altro modo; che per essere accettati dai noi stessi e dagli altri, non dovremmo avere dentro di noi quelle impurità indecenti.
Vorremmo essere semplici "Ostriche vuote", senza corpi estranei di vario genere, dei "Puri" insomma.
Ma questo è impossibile, e anche qualora ci considerassimo tali, ciò non significherebbe che non siamo mai stati feriti....... ma solo che non lo riconosciamo, non riusciamo ad accettarlo, che non abbiamo saputo perdonarci e perdonare, non siamo stati capaci di comprendere e trasformare il dolore in amore; e saremmo semplicemente poveri e terribilmente vuoti.
E' fondamentale giungere a comprendere l'importanza - in noi e fuori di noi, nelle nostre relazioni - della presenza dei limiti, delle ferite, delle zone d'ombra; è questa consapevolezza, l'unica nostra ricchezza. Insomma, che non vi è nulla dentro di noi che meriti di essere gettato via"
Così dovrebbe essere la storia di ogni essere umano, la cui vita ha un valore unico e irripetibile, nonostante le fasi di rottura e le cicatrici che possono alterarne il normale procedere.
Se ogni ferita, ogni sofferenza, anziché essere rigettata o occultata, venisse affrontata, se piuttosto che rompere con l'altro si cercasse di riparare, di "aggiustare i cocci" rotti del vaso della relazione, l'esistenza acquisterebbe nuova linfa e maggior valore, divenendo degna di essere vissuta e forse il nostro tempo diverrebbe un tempo capace di ospitare il grande miracolo dell'amore.
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